29 dicembre 2011

I racconti erotici de Il Nuovo Caffé

Un altro breve racconto d'essai, direttamente dalla grande tradizione erotica italiana: il primo episodio della saga romana della sora Pallotta.

La collana della sora Pallotta- Episodio I. di Augusto della Fregna di Rovere

La sora Pallotta era una donna grassa, sudata e grigia.
Doveva averne sessanta, al più sessantacinque, ma in entrambi i casi si intuiva facilmente quanto li portasse male; indossava sempre vestitoni a fiori, consunte scarpette di cuoio consunto e una splendida collana che doveva essere appartenuta a qualche lontana antenata e a tempi migliori.
Una collana bellissima: d’oro, rubino, diamante e zaffiro, tutti insieme, con in più un tocco d’ambra.
Inutile dire che su di una donna come la sora Pallotta un oggetto simile c’entrasse come i cavoli a merenda; addosso a lei una pur tale meraviglia dell’oreficeria sortiva infatti il medesimo effetto che avrebbe provocato il proverbiale sputo in un occhio.
La sora Pallotta andava particolarmente fiera di quell’oggetto, da parte sua, e lo ostentava come se fosse stata una gran dama di chissà quale nobile stirpe, senza avvedersi di quanto, paradossalmente, una simile meraviglia esaltasse addirittura la sua bruttezza.
La sora Pallotta aveva delle abitudini fisse, che servivano da palliativo per alleviare la mediocre infelicità della sua esistenza; attraverso la metodicità dei gesti e il consolidarsi delle abitudini, quella scorfana riempiva le sue vuote giornate: appena sveglia una frugale colazione a base d’aglio, cacio e pepe; a metà mattina una breve capatina presso la vicina chiesa di san Teodoro decollato, patrono degli aviatori, quindi un parco pranzo, un breve riposino, un po’ di televisione, qualche telefonata alle amiche e infine, dulcis in fundo, la spesa dal casalino sotto casa.
Va detto che quello era il momento della giornata che la sora Pallotta prediligeva.
Non tanto perché la suddetta desse particolare importanza al cibo (che pure, lo si poteva dedurre agevolmente dalla mole mastodontica da venere primitiva, non era certo per lei qualcosa di trascurabile), quanto per via del salumiere.
Questi era un bel giovanottone di borgata, un coattello con lunghi, lisci, unti capelli neri, camicie a quadri oltremodo aperte sul petto gonfio e depilato e dalle maniche attentamente rimboccate a scoprire i bicipiti ipertrofici, allenati da infinite sessioni di palestra; masticava sempre chewing gum alla fragola e all’orecchio portava un orecchino d’oro finto che pareva ammiccare. Logico che la vecchia giumenta si fosse invaghita di quel manzo di prima scelta.
Il manzo si chiamava Diego e sorrideva malioso ogniqualvolta dalla porta cigolante del casalino spuntasse il visetto sospirante di qualche femmina. Giovani, vecchie, belle, brutte, Diego amava il gentil sesso e, ancora di più, la consapevolezza di piacere al gentil sesso.
La sora Palllotta compiaceva il suo ego, tutto qui.
Così, quel giorno che avrebbe cambiato la sua vita, il giovane salumiere sorrise suadente come ogni altra volta, ignaro di ciò che quel riso avrebbe comportato.
“Salve sora Pallotta, come la va quest’oggi?” domandò afferrando voluttuoso una porchetta come se fosse stata la coscia generosa di una buddana.
La Pallotta trasalì al pensiero e istintivamente portò lo sguardo sotto la di lui cintura di simil pitone lucido con fibbia Gucci dorata; Diego ancheggiò con finta indifferenza, dimenando il bacino come una derviscia.
I capezzoloni della Pallotta trasalirono al pari, rigonfiandosi come pesci palla sotto la tela sottile del vestitone.
Un pensiero le frullò per la testa, rapido, fugace, fulmineo come un amplesso rubato sul lavandino di un bagno pubblico.
Si accarezzò la collana con la punta delle dita callose e tossicchiò con quella sua tosse grassa e catarrosa che tanto la caratterizzava (catarrizava).
Certo sarebbe stata una buona merce di scambio, rifletté, avvicinandosi pericolosamente all’oggetto delle sue brame.
Alla collana teneva molto, è vero, ma si sarebbe venduta l’anima per farsi un tuca-tuca con quel gran fico del salumiere. (Continua).

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