12 dicembre 2011

Padova: "La città più pericolosa d'Europa cap.2"


Riassunto della puntata precedente: a Padova, negli anni Settanta, si spara ad altezza d’uomo.

Le notti dei fuochi
Nella città più pericolosa d’Europa, all’inizio del 1977, viene inaugurato da gruppi autonomi quali il Fronte Comunista Combattente, un tipo d’azione che diventerà celebre a Padova: sei attentati contemporanei ai danni di neofascisti e piccoli industriali. L’obiettivo è, ancora una volta, quello di creare un clima di paura diffusa e d’insicurezza. Si arriverà a colpire più di trenta obiettivi in tutta la città nello stesso istante.
Il 6 marzo 1977 una bomba al tritolo devasta la caserma dei Carabinieri in costruzione a Camposampiero, la rivendicazione è ancora del FCC; il giorno dopo segue una sparatoria contro il carcere di Piazza Castello; a luglio la prima gambizzazione, ai danni di un cronista del Gazzettino, macchiatosi di parole “infamanti” nei confronti del movimento autonomo.
Iniziano ad operare in città anche nuclei di femministe armate: rapinano cinema a luci rosse e aggrediscono a casa, negli studi o nelle cliniche diversi ginecologi.

Autofinanziamento
Questa rete di attentati, manifestazioni, attacchi armati necessita logicamente di abbondanti fondi per reggersi in piedi.
L’autofinanziamento avviene prevalentemente attraverso rapine e sequestri di persona; i secondi, soprattutto, potenzialmente molto redditizi.
Seppure i primi tempi non siano stati inizialmente particolarmente felici da un punto di vista economico, la svolta arriva nella primavera del ’74, quando Oreste Strano, membro di Autonomia Operaia, riesce ad agganciare Carlo Casirati, un delinquente comune evaso dal carcere di San Vittore, abituato a lavorare in coppia con un altro malvivente: Rossano Cochis.
Con Casirati si giunge presto a un accordo: in cambio di cure (si è fratturato un tallone durante un furto, o forse l’evasione), copertura e metà dell’eventuale bottino, si potrà collaborare insieme.
Ma i soldi sono comunque pochi e si decide che le rapine non bastino più.
Si pensa allora al sequestro di un Rizzoli, un Pirelli, un Invernizzi o una cantante lirica.
Si decide per l’industriale Giuseppe Duina, ma l’operazione è un fallimento e questi riesce a fuggire.
Si giungeinfine a una scelta disperata.
Membro del gruppo è infatti Carlo Saronio, figlio di un noto miliardario; dunque perché non rapire proprio lui? Per finta, naturalmente, solo per estorcere soldi alla famiglia.
L’idea circola da tempo, ora la si prende sul serio.
Il 14 aprile 1975 Casirati e soci, travestiti da carabinieri, rapiscono l’ignaro Saronio, ma tragicamente sbagliano la dose di toluolo usata per stordirlo e lo uccidono.
Fingono ugualmente che sia vivo e ottengono dalla famiglia un riscatto di 470 milioni di lire.
Infine vengono scoperti e costretti a confessare ove sia sepolto il fu compagno.

Lorenzo Innocenti

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