12 dicembre 2011

Padova: "Centri Sociali"

DAL PEDRO A CASA POUND
Breve viaggio nei centri sociali padovani: perché si chiamano così, chi sono, chi ci va, chi paga le bollette
Una cosa interessante dei centri sociali padovani sono i loro nomi.
Il Pedro, ad esempio, porta quello (meglio: il soprannome) di Walter Maria Greco, militante della sinistra operaia, fuggito da Padova e ucciso a Trieste nel 1985 in un’operazione di polizia, pare mentre apriva un ombrello che agli agenti deve essere sembrato un fucile.
Il Gramigna si chiama così perché l’erba cattiva non muore mai.
CasaPound invece perché i suoi componenti, che considerano la proprietà della casa un diritto primario, si battono per il mutuo sociale ed Ezra Pound, il celebre poeta americano, aveva lottato duramente attraverso i suoi scritti perché l’affitto venisse equiparato all’usura.
CENTRI SOCIALI DI SINISTRA
Tre nomi, tre storie e tre realtà totalmente differenti.
Il CSO (Centro Sociale Occupato) Pedro, occupato nel 1987, è da allora sempre rimasto nelle mani del gruppo insediatosi nell’ex magazzino dismesso dell’ANAS di via Ticino e ormai è diventato un’istituzione.
Al punto che il Comune, che pure negli ultimi mesi ha decretato la chiusura definitiva di due locali della medesima zona (per rumori molesti), al CSO non si è nemmeno avvicinato.
Strano, anche perché tra Zanonato e gli “antagonisti” sembra non correre buon sangue.
I rapporti, regolarizzati nel 1994 (durante il primo mandato dell’attuale sindaco), si sono bruscamente interrotti dieci anni dopo, a seguito dello sgombero di un’abitazione al Portello che era stata occupata dal Pedro e affidata temporaneamente a un nucleo familiare.
Se durante quel tempo il centro sociale di via Ticino aveva ricevuto finanziamenti dal Comune, a seguito di quell’accadimento il flusso di denaro si è interrotto.
Del resto l’associazione non pare averne risentito: grazie all’eccezionale attivismo (il collettivo gestisce, solo per portare un esempio, l’evento estivo dello Sherwood festival, presso lo Stadio Euganeo) e alla notevole presa sui giovani, il Pedro gestisce una quantità di denaro che raggiunge quote molto elevate.
Denaro che, tengono a spiegare i responsabili, vengono impiegati nell’organizzazione delle attività, nelle spese legali, nel pagamento delle bollette e nella gestione del sito internet che costa circa 40.000 euro annui.
Ma aldilà della organizzazione di eventi (concerti, rassegne culturali, manifestazioni) verso cosa si indirizza l’impegno del CSO Pedro?
Verso le tematiche storicamente care alla sinistra, per lo più: i diritti umani, l’antirazzismo, il sostegno morale e concreto verso il più debole.
Da qui allora l’iniziativa Welcome, ad esempio, che consiste in un progetto di accoglienza nei confronti dei profughi provenienti dal nord Africa e che è culminatocon il tentativo di inviarevia treno dalla stazione di frontiera di Ventimigliaalcuni nuclei di profughi che dall’Italia intendevano raggiungere la Francia; Francia che ha però risposto chiudendo la frontiera e respingendo i treni in arrivo.
O ancora nell’ospitalità concessa a esuli politici provenienti dalla Somalia (in questo momento in otto sono ospitati presso altre strutture occupate dal collettivo).
Ma a osservare con attenzione questa realtà (persino alla luce di avvenimenti piuttosto riprovevoli quali il recente pestaggio del consigliere della Lega, Aliprandi)è impossibile ignorare la sensazione che i suoi vertici abbianoinfine abbandonato le posizioni più estreme del passato (ancora proprie invece ad altre organizzazioni, come ad esempio lo stesso Gramigna), per dedicarsi a una cura della socialità vera e propria, qualcosa sì di impegnato e volto a suscitare emozioni, a far riflettere riguardo a quei temi che sono cari al collettivo e più in generale al movimento della sinistra “antagonista”, ma in maniera più tenue, quasi leggera, in buona parte svuotata dall’impegno politico dei decenni passati.
Questo è indubbiamente positivo sotto alcuni aspetti, perché dimostra una capacità di adattarsi ai tempi mutati ed essendo un modo nuovo e dinamico di fare politica ha anche una forte capacità aggregante, ma non lo è se si considera questo atteggiamento come un adeguamento alla piatta mediocrità del periodo storico corrente, alla continua necessità d’intrattenimento, all’allontanamento delle nuove generazioni dall’impegno politico.
Il CPO (Centro Popolare Occupato) Gramigna invece si attesta su posizioni ben più radicali e non sembra voler scendere a patti con i “palazzi” o con una dimensione politica nuova, fatta più di feste ed eventi, che di militanza.
Crede nella lotta di classe, nell’antifascismo militante e nell’antimperialismo e si discosta sensibilmente dalle idee maggiormente progressiste dell’altro collettivo di sinistra.
Al momento non ha sede, dato che l’edificio che aveva occupato presso il quartiere Torre nell’ottobre scorso, è stato sgomberato coattamente dalle forze dell’ordine e reso inaccessibile su ordinanza del sindaco la mattina del 23 marzo 2011.
CENTRI SOCIALI DI DESTRA
Infine CasaPound, associazione di destra di stampo fascista, nata a seguito dell’occupazione di un edificio romano in via Napoleone III nel 2003, a cui è seguita la creazione dell’associazione CasaPound Italia e la diffusione capillare su tutto il territorio.
Una prima differenza con i centri sociali di sinistra può essere riscontrata proprio in questa sua organizzazione scrupolosa e “gerarchica”, con il vertice saldamente ancorato a Roma.
D’ispirazione fascista, si diceva, non neo-fascista.
La differenza è sottile, ma chiara: CasaPound rifiuta e si allontana da tutto ciò che il fascismo è stato da Mussolini in poi.
Il loro appoggio va alle politiche sociali del primo fascismo, al suo carattere di “terza via” tra il comunismo e il capitalismo. La creazione dell’INPS, la bonifica dell’Agro Pontino, l’attenzione alla famiglia sono l’ispirazione del gruppo.
Non si professano contrari all’islam, avversano l’integralismo cattolico e sono favorevoli alle coppie di fatto.
Si staccano dunque dalla consueta dimensione dei gruppi di destra.
Inoltre, pur essendo un’organizzazione ordinata e capillare, non hanno velleità parlamentari, né interesse a che la loro esperienza sfoci nella creazione di un partito.
Si considerano un movimento e vedono nella loro azione un modo diverso di fare politica, libero dalla burocrazia e da tutti quei vincoli propri di una realtà partitica.
Gli obiettivi che si pongono sono essenzialmente due, nell’immediato: il mutuo sociale, ossia la realizzazione, per tutti, del diritto alla proprietà della casa, con l’assegnazione di abitazioni da parte dello Stato; la possibilità per le donne con figli d’età compresa tra zero e sei anni di ottenere una riduzione da otto a sei ore dell’orario lavorativo, rimanendo invariato il salario percepito (l’85% a spese del datore di lavoro, la restante parte a carico di Comune e Regione).
Se da una parte, però, professano il superamento di ideologie anacronistiche e prese di posizioni non al passo con i tempi, va rilevato dall’altra che in occasione della proposta di una parte del consiglio comunale di Bolzano di depotenziare i monumenti fascisti della zona (tra i quali fasci littori e rilievi di equestri di Mussolini), il collettivo si è opposto duramente, arrivando anche a manifestare contro questa eventualità.
A Padova non hanno ancora una sede, ma escludono la possibilità di procurarsela occupando un edificio, come inveceè stato fatto in altre località.
Con l’attuale amministrazione comunale pare infatti un’opzione impossibile; l’esempio più lampante della rigidità della giunta di centrosinistra nei confronti di questo tipo d’iniziative è lo sgombero del Gramigna, avvenuto a soli cinque mesi dall’occupazione dello stabile.

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