28 dicembre 2011

Riguardo al fenomeno Sugarpulp: una storia nera

Tra le tante storie che coinvolgano il più celebre dei detective, Sherlock Holmes, ce n’è una particolarmente interessante, poiché successa realmente.
Riguarda il suo studioso più importante, Richard Lancelyn Green, che da tempo ambiva a scrivere la biografia definitiva di Conan Doyle.
Siamo agli inizi del 2000 e Green è alla ricerca spasmodica dell’archivio segreto dello scrittore scozzese, che dalla sua morte, occorsa nel 1930, pare essersi dissolto nel nulla. Durante l’indagine Green fa la conoscenza della figlia di Doyle, Jane, che gli rivela di essere lei stessa in possesso degli appunti del padre e che, alla sua morte, questi andranno in eredità alla British Library, a disposizione di qualsiasi studioso.
Ma, scomparsa Jane, viene annunciato che l’archivio finirà invece all’asta da Christie’s e verrà battuto per chi sa quante centinaia di migliaia di sterline.
Green si oppone e bandisce una campagna pubblica contro questa iniziativa. È allora che si accorge di essere seguito.
Si confida con gli amici e dice loro di temere per la propria persona, poi parla di un misterioso americano.
Il 27 marzo 2004 la sorella di Green chiama a casa del fratello e trova registrata sul nastro della segreteria una voce diversa, dal forte accento yankee. Allarmata avverte la polizia che, giunta a casa dello studioso, non può che constatarne il decesso.
Questa la scena che si apre agli occhi degli agenti: il corpo riverso di Green con al collo legato un laccio da scarpe unito, a un capo, ad un cucchiaio.
Green, però, era solito indossare soltanto mocassini senza lacci e anche altri particolari non tornano; la polizia apre un’inchiesta.
La vicenda si complica quando viene scoperta una vecchia storia di Doyle, intitolata The Problem of the Thor Bridge, nel quale viene raccontata un delitto sostanzialmente identico a quello di Green.
Gli inquirenti seguono le tracce individuate dallo stesso Holmes nel corso della propria indagine letteraria e riescono ad arrivare alla conclusione che si tratti di suicidio: Green avrebbe usato il cucchiaio per stringere il filo e causare il soffocamento, probabilmente disperato dalla prospettiva dell’inevitabile dispersione dei documenti di Doyle che sarebbe seguita all’asta; ma prima di uccidersi avrebbe pensato al depistaggio, utilizzando, appunto, un laccio da scarpe che non avrebbe potuto risultare suo e rimuovendo la propria voce dalla segreteria, impostando, in vece, quella della ditta americana che aveva prodotto l’apparecchio.

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